Il giovane calciatore Cherif Karamoko, ospite di Silvia Toffanin a Verissimo ha commosso la conduttrice ed il pubblico da casa, raccontando della sua drammatica odissea.
A cuore aperto il calciatore ha ripercorso gli eventi tragici della sua vita quando, nel 2017, è stato costretto a sfuggire dalla Libia imbarcandosi su un barcone per inseguire il suo sogno di diventare calciatore in Italia.
Nel corso di una lunga intervista, Cherif Karamoko si è messo a nudo condividendo la sua terribile esperienza da profugo.
Il giovane dopo essere fuggito dalla guerra in Guinea ha raggiunto le coste libiche, intraprendendo un lungo e turbolento viaggio.
Il calciatore ha infatti affrontato la prigionia nel corso della quale ha subito più volte delle brutali torture.
La sua odissea ha avuto inizio quando è partito dalla Libia con suo fratello, con la speranza di raggiungere le coste italiane in cerca di fortuna, ma il barcone su cui viaggiavano è affondato nel Mediterraneo.
Una tragedia che è costata la vita a suo fratello, il quale per salvarlo gli ha avvicinato un salvagente prima di essere inghiottito dal mare.
Da solo Cherif si è risvegliato in un letto di ospedale in Italia e da allora ha avuto inizio la sua avventura nel mondo del calcio.
Il giovane ha così esordito in serie B con la maglia del Padova nella stagione 2018/19, mettendosi in mostra.
Ripercorrendo i ricordi del passato, nel corso della sua intervista a Verissimo, Cherif Karamoko ha dichiarato:
“Il ricordo da piccolo è quando dicevo sempre che volevo diventare calciatore. Andavo a scuola ma a volte andavo in ritardo per giocare fuori con gli amici, e giocavo a piedi nudi perché le scarpe, se si rompono, i genitori ti bastonano.
Eravamo poveri, non mangiavamo fino ad avere la pancia piena. Mangiavamo, a volte, una volta al giorno, ma eravamo contenti comunque”
L’odissea vissuta da Cherif Karamoko
Il giovane calciatore ha poi raccontato i momenti drammatici della sua vita: la guerra scoppiata nel 2013 in Guinea, la morte del padre e la separazione dal fratello.
Due anni dopo, Cherif Karamoko ha dovuto affrontare un altro grave lutto: la morte della madre, a causa di un’epidemia di ebola.
Dopo aver perso i contatti con suo fratello, fuggito in seguito alla morte del padre, ha ricevuto una sua chiamata in cui gli comunicava che aveva i soldi per portarlo in Marocco.
I due fratelli alla ricerca di una vita migliore hanno affrontato un faticoso viaggio nel deserto, percorrendo una difficile strada per raggiungere Tripoli e la costa libica.
Nel corso del viaggio, il calciatore è stato imprigionato e torturato, costretto a camminare a piedi nudi sulla sabbia raccontando:
“Un viaggio che quando lo spieghi, nessuno può capire. Solo chi l’ha passato può capire.
Abbiamo preso la strada del deserto, ma mi hanno imprigionato e torturato. Hanno portato tutti noi ragazzi a camminare a piedi nudi nel deserto, sotto il sole”.
Cherif Karamoko: il racconto sulla tragedia in mare
Una volta arrivato a Tripoli, Cherif Karamoko ha ritrovato suo fratello deciso a portarlo in Italia, per esaudire il suo sogno di diventare calciatore.
I due, in compagnia di altri disperati, hanno intrapreso un viaggio della speranza, imbracandosi su un barcone.
Parlando di quella terribile notte, il calciatore con il cuore in mano ha raccontato:
“Eravamo in 143 su una barca che poteva portarne 60. Era mezzanotte e hanno iniziato ad imbarcare tutti i ragazzi.
Ad un certo punto la barca era piena, hanno iniziato ad ammassare i ragazzi nella barca per forza.
Noi siamo entrati, ma non c’era spazio, ero al fianco di mio fratello e mi diceva ‘Tieni duro’.
Ad un certo punto la barca si è rotta davanti e mio fratello ed altri ragazzi hanno fatto uscire l’acqua mentre entrava”.
Un racconto drammatico che ha colpito profondamente Silvia Toffanin che commovendosi ha proseguito ad ascoltare con totale coinvolgimento la tragedia vissuta dal giovane.
“Quando la barca si è rotta, tutti si sono messi sul bordo: questa era un’altra guerra. All’improvviso mio fratello mi ha dato un salvagente, io non avevo la forza.
Lui mi diceva ‘Tieni duro, vedrai che arriverai in Italia. Tieni il salvagente e non lasciarlo. Devi giocare a calcio, salvati’”– ha concluso il calciatore la sua esposizione su quella terribile notte.
Una volta risvegliatosi in ospedale Cherif Karamoko si rese conto di aver perso il fratello, anche se in lui è ancora viva la speranza che sia vivo:
“Non ce l’ha fatta, non mi ricordo quando è sparito. Io ero svenuto, incosciente, non mi ricordavo di nulla.
Poi mi sono svegliato e la prima parola è stata ‘Dov’è mio fratello?’. Finora non credo ancora che sia morto, magari adesso si trova in Libia”.