Una raccolta fondi per un bambino malato, di quelle che si fanno molto spesso, quando la famiglia non ha i soldi per garantire le cure necessarie e che potrebbero dare al piccolo paziente la possibilità di salvarsi.
Ma questa volta i risvolti della storia sono veramente disgustosi, perché i fatti accaduti lasciano senza parole dalla rabbia e dall’incredulità.
João Miguel Alves era un bambino di 2 anni, brasiliano che nella sua breve vita ha dovuto lottare contro un atroce malattia: l’atrofia muscolare spinale.
Una lotta terminata il 17 ottobre con la morte del piccolino, a cui avevano combattuto moltissime persone. Che avevano dato il loro contributo grazie ad una raccolta fondi che avrebbe dovuto dare al bambino la possibilità di salvarsi.
Ma la vita moltissime volte è crudele e non dà via di scampo, nella sua breve vita il piccolo João ha avuto due sfortune: la malattia e suo padre.
L’uomo, infatti, dopo aver raccolto l’equivalente di 150 mila di dollari ha ben pensato di abbandonare moglie e figlio e di fuggire con tutto il denaro donato.
Una scelta vigliacca e disgustosa che gli è costata l’arresto e una pena ben peggiore: la morte di suo figlio.
I fatti risalgono al maggio scorso, quando gli abitanti di Conselheiro Lafaiete la città natale della famiglia Alves decidono di effettuare una raccolta fondi. Con lo scopo di donare i soldi per le costose cure.
Ogni dose di farmaco aveva infatti un costo di 80 mila dollari e dopo le prime 3 dosi pagate dal governo la famiglia non aveva i mezzi per proseguire il trattamento.
Quello che nessuno si sarebbe mai aspettato è il comportamento del padre del piccolo, Mateus Henrique Leroy Alves, di 37 anni.
L’uomo è fuggito con tutto il denaro raccolto e lo ha speso in prostitute, alcol, droga, abiti firmati e orologi costosi. Alla moglie aveva detto che sarebbe partito per un corso sulla sicurezza.
Invece lei, insospettita, dopo aver notato strani movimenti sui 4 conto correnti dove si trovavano i soldi, lo ha denunciato alla polizia.
Che lo ha arrestato nell’albergo in cui soggiornava e bivaccava da due mesi. Alle accuse della polizia si giustifica dichiarando di essere vittima di estorsione.
Le indagini continuano, chissà se sapremo mai se sarà condannato, quel che è certo è che prima o poi dovrà fare i conti con la sua coscienza.
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