Caso Vannini. La richiesta di Antonio Ciontoli respinta dal direttore del carcere romano di Rebibbia

Caterina

La richiesta di Antonio Ciontoli respinta

Dopo la sentenza di terzo grado emessa dalla Corte di Cassazione, l’odissea giuridica del caso Vannini è giunta ad un epilogo: Antonio Ciontoli è stato condannato a 14 anni di carcere.

Dal carcere Ciontoli ha avanzato una richiesta, quella di poter stare in cella con il figlio Federico, condannato insieme a tutta la famiglia. L’uomo avrebbe presentato una domanda al direttore del carcere romano di Rebibbia, in cui ha chiesto esplicitamente: “Posso stare in stanza con mio figlio? È solo un ragazzo”.

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Caso Vannini, respinta la richiesta di Antonio Ciontoli

La richiesta Antonio Ciontoli respinta carcere

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Ma la sua richiesta è stata respinta per motivi di protocollo e così la detenzione presso l’istituto penitenziario li vedrà separati, dopo che i due rimarranno in isolamento per qualche giorno per rispettare le misure anti Covid, non potranno stare insieme come riferito da Il Messaggero.

Gli altri membri della famiglia condannati per il caso Vannini, ossia la moglie di Antonio, Maria, e la figlia Martina incarcerate presso la sezione femminile del carcere romano di Rebibbia, dopo la quarantena in infermeria, potranno dormire insieme.

Tutta la famiglia Ciontoli è stata ritenuta responsabile della morte del giovane: è stata infatti condannata nell’ambito del caso Vannini con pene diverse in relazione al loro coinvolgimento. Di fatto Antonio Ciontoli, che ha fatto esplodere il colpo d’arma da fuoco è stato accusato di omicidio volontario dalla Cassazione.

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L’uomo avrebbe maneggiato la pistola da cui è partito uno sparo accidentale ritenuto la “parte colposa” del caso, ma poi ha volontariamente ritardato i soccorsi, ecco sopraggiungere la “parte dolosa” che ha causato la morte di Marco Vannini. Secondo le perizie eseguite, i ritardi relativi all’arrivo dell’ambulanza sarebbero la reale causa della morte del giovane.

Gli altri componenti della famiglia Ciontoli, i figli Martina, Federico e la moglie Maria, sono stati accusati di concorso semplice in omicidio volontario, con una pena di qualche anno in meno di detenzione. Secondo i giudici i familiari hanno aiutato volontariamente Antonio Ciontoli: questo giudizio della Cassazione è la sola modifica rispetto alla sentenza emessa in precedenza dai giudici d’Appello bis, che li aveva ritenuti responsabili di concorso anomalo.

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