Secondo una serie di ricerche scientifiche esiste un collegamento fra i tumori dei cani e i prodotti chimici usati per i prati all’inglese.
Ecco cosa è emerso da una serie di studi scientifici che hanno analizzato i tumori canini, aumentati in modo allarmante negli ultimi anni.
Alcuni studi scientifici effettuati negli ultimi anni hanno analizzato l’incidenza dei tumori canini, collegata d un sempre più ampio utilizzo di prodotti chimici per il prato.
Nello specifico, alcune di queste sostanze tossiche, sono state trovate nelle urine dei cani che vivono nei giardini alimentati da prodotti chimici.
Alcune di queste sostanze, in particolare quelle contenenti 2,4 D, sono collegate ad almeno 2 dei tumori canini più importanti.
L’allarme sulla pericolosità dei prodotti chimici è scattato ormai da una ventina d’anni, pertanto, anche chi non possiede animali, dovrebbe stare attento alla salute dei bambini e alla propria.
Fanno riflettere le parole del Professor John Reiff, della Colorado State University, che afferma:
Gli animali possono essere indicatori sensibili di rischi ambientali e fornire un sistema di allarme preventivo per l’intervento di sanità pubblica”.
Per dare più valore alle sue parole, ha pubblicato i risultati del lavoro svolto presso la Scuola di Medicina Veterinaria dell’Università di Purdue.
E’ stato scoperto che l’esposizione a prati o a giardini trattati con erbicidi era associata ad un aumentato rischio di cancro alla vescica nelle razze canine studiate.
La controversia riguarda principalmente l’acido 2,4-diclorofenossiacetico (2,4-D).
Si tratta di un erbicida, che in Svezia è addirittura vietato dal 1988 nell’industria del legname e dal 1990 per uso generale.
Il 2,4-D costituiva circa la metà degli ingredienti dell’agente arancione utilizzato in Vietnam.
Anche se secondo la cooperativa della Cornell University, Michigan State University, Oregon State University e University of California a Davis, dichiara che la maggior parte dei problemi dell’agente arancione si dice siano associati alla diossina.
Nel 1991, uno studio del Dipartimento di Epidemiologia e Biostatistica del National Cancer Institute (NCI) ha pubblicato uno studio caso-controllo.
Era basato sugli ospedali degli Stati Uniti sui cani da compagnia finanziati con denaro pubblico.
Hanno scoperto che i cani i cui proprietari hanno usato l’erbicida 2,4-D sui loro prati 4 volte l’anno o più avevano il doppio delle probabilità di sviluppare linfoma maligno canino rispetto a cani i cui proprietari non usavano il 2,4-D.
Un altro studio pubblicato nel 1994 dai ricercatori della Colorado State University ha fornito ulteriori prove di preoccupazione.
Lo studio ha infatti trovato una correlazione tra la recente applicazione dell’erbicida per il prato e il 2,4-D nell’urina del cane.
Più preoccupante era il fatto che alcuni cani presentassero piccole quantità di 2,4-D nelle loro urine anche se i loro proprietari non avevano applicato recentemente il 2,4-D sui loro prati.
Ciò ha sollevato la possibilità che i cani fossero stati esposti a 2,4-D sui prati vicini e nei parchi.
Uno studio della Purdue University pubblicato nel 2013 ha scoperto che le sostanze chimiche erbicide per il prato erano presenti nell’urina dei cani.
Di seguito i dati rilevati:
14 cani su 25 appartenenti a famiglie che ancora non avevano usato il pesticida
19 cani su 25 appartenenti a famiglie che avevano effettuato il trattamento
4 su 8 cani appartenenti a famiglie che non trattavano il giardino
I prodotti chimici erano presenti nei residui di erba dai prati trattati e da prati non trattati che suggeriscono la deriva chimica da aree trattate vicine.
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