Una storia molto toccante quella che ci arriva dalla California.
Protagonista una giovane coppia entusiasta all’idea di aspettare un bambino. Un sogno che si interrompe bruscamente tra le mani di un medico che lascia cadere il corpicino del neonato sul pavimento.
Un’esperienza raccontata affinchè coloro che perdono un figlio possano condividerne il dolore e il vuoto che questo provoca. E affinché qualche medico ricordi l’arte della compassione.
Kristal e Diego avevano condiviso, come tanti neo genitori, la gioia dell’attesa del loro primo figlio.
“L’entusiasmo era alle stelle” ha ricordato Kristal attraverso il blog Love what matters, ed insieme a Diego avevamo già pensato al nome del nostro piccolo.”
La gravidanza procedeva infatti senza problemi, sino ad un maledetto giorno seguito all’ecografia della 21 esima settimana.
“Cominciai ad accusare dei dolori molto forti, racconta la donna, temevo per il bambino e chiamai immediatamente il medico.”
“Fui tranquillizzata”, riprende ancora con la voce commossa. L’ecografia di qualche giorno prima aveva mostrato un bambino vivace e perfetto.”
Accompagnata in ospedale a Kristal venne data una notizia che nessuna mamma vorrebbe sentirsi dire. Era già in fase di travaglio, perdeva liquido amniotico e presentava un’infezione interna.
Le opzioni che i medici prospettarono alla giovane donna erano due. O intervenire subito con dei farmaci antibiotici mettendo a rischio la vita del piccolo, o lasciare che la natura facesse il suo corso, ma sarebbe stato comunque pericoloso per il suo corpo e per il feto.
Nonostante il dolore lancinante Kristal decise per la seconda opzione. È a questo punto che accadde quello che la donna non dimenticherà mai per il resto della sua vita.
Assistita dal personale dell’ospedale Kristal partorì. Il minuscolo Ian, questo il nome del neonato, di solo 300 grammi, scivolò via dalle mani dell’ostetrica e cadde sul pavimento.
“Era così piccolo che scivolò fuori e lo fecero cadere sul pavimento”, racconta Kristal. “Sei giovane, mi disse, potrai avere altri bambini. Va bene, tu stai bene.” Non riuscivo a credere a ciò che sentivo. Come potevo star bene dopo aver perso il mio adorato bambino?”
Potevano mai rappresentare una consolazione quelle parole gelide, noncuranti, disuma? Dov’erano la mortificazione, sensibilità, la compassione? Non in quella stanza. Una scena che, da sola, fotografa i momenti terribili vissuti da Kristal.
Pochi istanti dopo un’ostetrica le consegnò quel piccolo corpo che la donna strinse al cuore e che continua ancora oggi a tenere stretto nel suo ricordo.
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